In attesa del rapporto sui flussi migratori e lo spopolamento in Sardegna, il seminario ha visto la presentazione della ricerca condotta da Marco Cocco sulle “Disuguaglianze territoriali”.
Nel corso dell’incontro si è fatta una mappatura di quella che è la situazione socio demografica in Sardegna, andando ad analizzare il territorio ed alcuni indicatori significativi della situazione socio economica.
La percezione della disuguaglianza
Per disuguaglianza si intende la mancanza di opportunità, o di divario tra quello che si percepisce di avere rispetto agli altri. È un tema molto sentito che di solito viene declinato dalla stampa o dai media in termini di reddito o di ricchezza.
Con un focus sulle aree rurali è emerso che ci sono tre grandi disuguaglianze:
1. L’ineguaglianza economica: la quota di popolazione a rischio povertà è recentemente diminuita, avvicinandosi a quella delle città, che paradossalmente è aumentata.
2. Disuguaglianze sociali: lo spostamento dei servizi pubblici e privati verso le città. Si è riscontrato uno spostamento di ricchezza dai territori più esterni, ovvero le aree interne, verso la città.
3. Mancato riconoscimento del ruolo delle persone: il bisogno specifico di servizi essenziali ignorati.
È la cosiddetta disuguaglianza di riconoscimento, cioè quella che le persone sentono come ruolo, esigenza, aspirazioni che vengono ignorate dalla società e quindi sentendosi invisibili si ritrovano in una condizione di frattura, quasi imprigionati nei territori in cui vivono. Questo accade non solo nelle aree rurali ma anche all’interno delle grandi città, tra i centri e le periferie, tra le piccole e le grandi città.
Le cause delle fratture città – campagna
Sono tre le politiche di sviluppo portate avanti negli ultimi 30 anni e responsabili di avere accresciuto il divario rurale – urbano:
1. Riforme istituzionali che non tengono conto dello spazio: ovvero l’idea che le riforme potessero andar bene per qualsiasi territorio, nonostante le diversità dei territori.
2. L’approccio accomodante nei confronti delle multinazionali: la superiorità del mercato che parte dall’idea che esso possiede tutte le informazioni necessarie su dove collocare beni e servizi.
3. Sussidi compassionevoli: i cosiddetti sussidi a pioggia. L’idea che, poiché le tensioni sociali si formano e crescono molto velocemente nei territori a seguito delle prime due politiche, si erogano sussidi per far si che il conflitto sociale non superi determinati livelli.
Quali sono le azioni necessarie per cambiare la questa situazione?
1. Conoscenza ed innovazione: conoscere i territori e quello che possono offrire.
2. La conoscenza propria di un luogo da parte dei suoi abitanti. Essi devono essere coinvolti mediante la collaborazione tra le istituzioni locali (regione, comuni, enti dei comuni) e il mercato, con le esigenze che esso porta con le grandi aziende.
3. Potere ed economia politica: motivazioni e incentivi devono esistere o essere progettati a misura del governo del territorio.
Lo Stato deve dettare delle linee guida, delle strategie di medio o lungo periodo su ciò che si vuole creare, ma non deve intromettersi nelle scelte dei territori.
4. Promuovere a livello locale uno spazio permanente per un dibattito acceso, informato e ragionevole, affidando agli enti locali la responsabilità di prendere decisioni, e promuovendo al contempo il dibattito pubblico e l’innovazione.
È necessario che il dibattito sia acceso in quanto c’è bisogno di confrontarsi, discutere delle questioni che interessano quel territorio; informato, perché gli abitanti devono avere tutte le informazioni necessarie, ad esempio nel caso debba essere costruita un’infrastruttura devono conoscere costi e benefici; ragionevole perché bisogna saper ascoltare il punto di vista degli altri.
Tutto ciò deve essere affidato in primis agli enti locali in collaborazione col terzo settore.
In questo processo e dibattito pubblico è indispensabile il coinvolgimento di tutti coloro che vivono in quel territorio.
5. Affidarsi a risorse umane altamente competenti in questo settore per rendere consapevoli le politiche regionali, quindi non solo economisti , ma anche sociologi, antropologici, psicologici. Risorse che sappiano guidare processi complessi ad alta conflittualità per via del confronto.
Disuguaglianza di riconoscimento
Per capire meglio la disuguaglianza di riconoscimento sono stati presi in considerazioni tre beni pubblici fondamentali: salute, istruzione e mobilità. Per mobilità si intende il tempo di percorrenza che le persone impiegano per raggiungere scuole, ospedali, posto di lavoro e le infrastrutture presenti nel territorio.
Nella mappa si può notare che le aree più scure rappresentano le città metropolitane, quelle che attraggono i servizi; in verde le aree periferiche, quelle più lontane dai servizi in termini di minutaggio.
Si è stabilito che se si abita in un centro metropolitano ci si impiegano meno di 20 minuti per raggiungere uno di questi tre servizi, quindi si ha una scarsa difficoltà.
Quando ci si impiegano circa 40 minuti si è in un’area un area più lontana, detta area intermedia.
Se il tempo necessario arriva fino ad un massimo di 1h30 si è in un area ultra periferica, quindi si è isolati. Questo determina la disuguaglianza di riconoscimento, le persone si ritrovano ingabbiate nel territorio in cui vivono.
Per entrare nello specifico della Sardegna si è usato il reddito annuo. Il reddito è un indicatore molto semplice ma anche uno dei più rivelatori della situazione in cui le persone si ritrovano a vivere.
Nella cartina, le aree in rosso sono quelle con i redditi più bassi, tra i 15 mila e i 16 mila euro annui. L’area più ricca è la città metropolitana di Cagliari.
Reddito medio imponibile (2014)
La città metropolitana di Cagliari è il territorio con il maggior reddito medio imponibile(20.372), segue Sassari( 16.990), mentre la provincia del Sulcis Iglesiente è quella con il reddito più basso, -di 14mila euro.
La densità demografica
La concentrazione demografica si ha soprattutto nella città metropolitana di Cagliari.
È interessante notare come, tra una superficie di 1.248 km² con 17 comuni che ne fanno parte (346 abitanti per km².) e la provincia di Sassari, nonostante vanti 92 comuni in una superficie maggiore(7.692.09 km²), ci sia ben poca differenza col numero della popolazione residente. Questo è dovuto al fatto che nella città metropolitana c’è una maggiore concentrazione di servizi che porta la popolazione a migrare e concentrarsi in quei luoghi.
L’incidenza della popolazione straniera
A primo impatto si potrebbe pensare che sia la città metropolitana di Cagliari ad avere il maggior numero di stranieri. In realtà la provincia di Sassari, essendo un territorio più grande, conta 4 abitanti stranieri ogni 100, contro i 3 di Cagliari.
La popolazione con un basso titolo di studio
La popolazione con la più bassa percentuale si trova nella città metropolita di Cagliari(16%), quella più alta nella provincia di Oristano(22,9%).
Tutti questi dati ci fanno capire come la concentrazione dei servizi essenziali comporti tutta una serie di faglie che si stanno andando a formare e che nel corso dei decenni si sono ingrandite.